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Puskin, Aleksandr Sergeevič.

Poeta, romanziere e drammaturgo russo. Discendente da una famiglia di antica nobiltà (era imparentato, per parte di madre, con il principe abissino Ibrahim Hannibal), crebbe in un ambiente culturale molto stimolante: la casa paterna era frequentata da scrittori eminenti; la famiglia disponeva inoltre di una nutrita biblioteca, per mezzo della quale P. poté avvicinarsi presto alla lettura dei classici europei. Negli anni 1811-17 frequentò il liceo imperiale di Carskoe Selo, come molti giovani nobili destinati alle alte cariche dello Stato, rivelando un talento lirico precocissimo. Le sue poesie di stampo classicizzante, pubblicate su riviste, gli dettero immediata fama, ponendolo sullo stesso piano dei due maggiori poeti del tempo, V.A. Žukovskij e K.N. Batjuškov. Nel 1817 prese servizio presso il ministero degli Esteri e si trasferì a Pietroburgo, dove frequentò, fra l'altro, ambienti politici vicini alle società segrete rivoluzionarie, divenendo ben presto portavoce delle nuove tendenze politiche e letterarie, come testimoniano alcune poesie del periodo: Alla libertà (1817), La campagna (1819), R. e L. (1820). A causa dei suoi comportamenti “rivoluzionari” e di alcuni epigrammi di argomento antizarista, nel 1820 P. venne trasferito dapprima a Ekaterinoslav, poi nel Caucaso, in Crimea, e infine a Odessa. A questo periodo risalgono i suoi poemetti “meridionali” o “byroniani”: Il prigioniero del Caucaso (1822), La fontana di Bachčisaj (1824), Zingari (1827). Nel giugno 1824, a seguito della professione di ateismo fatta in una lettera intercettata dalla polizia, P. venne destituito dalla carica e confinato nella tenuta materna di Michajlovscoe, dove rimase, sotto stretta sorveglianza, fino al settembre 1826; il forzato isolamento impedì al poeta di partecipare alla rivolta decabrista del 1825. Fu un periodo molto fecondo per P., che compose alcune delle sue opere più importanti come la tragedia Boris Godunov (1831), il poema Evgenij Onegin (completato nel 1833), e alcune delle più belle liriche d'amore, fra cui Ricordo il meraviglioso momento (1825), ispirato alla sua relazione con Anna P. Kern. Dopo il fallimento dei moti decabristi, che gli costò la perdita di numerosi amici, giustiziati o deportati, nel 1825 P. venne richiamato dall'esilio dal nuovo zar Nicola I. Nel 1830 trascorse un breve periodo nella tenuta paterna di Boldino, dove poté terminare alcune opere e scrivere le “piccole tragedie” Mozart e Salieri, Il banchetto in tempo di peste, Il convitato di pietra e Racconti del defunto I.P. Belkin. Nel 1831 sposò Natal'ja Gončarova e si trasferì a Pietroburgo, dove l'intensa vita mondana lo rese sempre più dipendente economicamente dai favori dello zar Nicola I. Questi gli commissionò una storia di Pietro il Grande, che lo portò a effettuare ricerche dalle quali trasse materiale per diverse altre opere, quali il poema Il cavaliere di bronzo (1833), il saggio storico-narrativo Storia della rivolta di Pugačëv (1834) e il romanzo La figlia del capitano (1836). Dello stesso periodo sono anche Fiabe (1836), in versi, il poema La casetta a Kolomna (1833) e i racconti Dubrovskij (postumi, 1841). Nonostante la stretta sorveglianza cui era sottoposto, P. poté anche fondare nel 1836 una rivista letteraria, “Il contemporaneo”. Nel 1837, in seguito ad alcune lettere anonime che lo informavano del tradimento della moglie, sfidò a duello l'ufficiale francese George D'Anthés; ferito gravemente morì due giorni dopo. P. fu contemporaneo del grande Romanticismo europeo, ma ne rimase solo lievemente influenzato. Romantici per l'argomento, la tecnica e l'ambientazione sono soprattutto i suoi poemi “byroniani”, mentre nel corpo della sua opera resta forte l'impronta della sua formazione illuminista e settecentesca (la classicità, per P., è fonte di tradizione), a cui si aggiungono gli influssi della cultura popolare russa, per la quale P. nutrì sempre un vivo interesse, e di alcuni autori stranieri (Shakespeare, Ariosto, Sterne). I suoi versi presentano una straordinaria corrispondenza di suono, ritmo e immagini, uno stile semplice e conciso fondato sulla naturalezza del verso e sul perfetto controllo del linguaggio. Per quanto riguarda la narrativa, P. è da ritenersi fra gli iniziatori della moderna letteratura russa, non solo per i suoi racconti in prosa, ma in particolare per il romanzo in versi Onegin. Il realismo psicologico e la componente autobiografica si affiancano nell'opera a un'accurata rappresentazione della Russia del tempo e della visione del mondo dell'autore. Vi si ritrovano l'amore per la letteratura, la filosofia, il teatro e la vita sociale, nonché la riflessione sulla politica e sulla società, che caratterizzarono la vita dello scrittore russo (Mosca 1799 - Pietroburgo 1837).